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Il Contatore Fotovoltaico

Agg. 21 Maggio 2010

NUOVO CONTO ENERGIA
Impianti in esercizio 72.867
Potenza (kW) 1.056.491
VECCHIO CONTO ENERGIA
Impianti in esercizio 5.732
Potenza (kW) 165.153
 

Totale Impianti

Totale      (kW)

 

78.599

1.221.644

 

 

IL PROTOCOLLO DI KYOTO

 

    Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), ente istituito dalle Nazioni Unite che riunisce migliaia di esperti sul clima di ogni parte del globo, prevede che entro il 2100, a meno che non ci si impegni a ridurre drasticamente le emissioni di gas ad effetto serra, la temperatura media globale aumenterà fra gli 1,8 e i 4°C (addirittura 6,4°C nel peggiore dei casi). Potrà anche sembrare una piccola differenza, ma 11.500 anni fa, durante l'ultima era glaciale, la temperatura media globale era di soli 5°C inferiore a quella attuale, e in quel periodo gran parte dell'Europa era ricoperta da uno spesso strato di ghiaccio! Secondo gli ultimi studi effettuati  le emissioni  di gas serra sono cresciute dal  periodo preindustriale , con un incremento del 70 % tra il 1970 ed il 2004, con le attuali politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici e le relative pratiche di sviluppo sostenibile, le emissioni globali di GHG continueranno a crescere durante i prossimi decenni .

    In base alla ricerca scientifica, i leader europei ritengono che l'aumento della temperatura media globale non debba superare di oltre 2°C i livelli preindustriali per poter far fronte al cambiamento e ai suoi effetti. Per rispettare il limite dei 2°C occorrerà fermare l'aumento delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020, per poi ridurle progressivamente del 50% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2050. Per riuscirci sarà necessario apportare cambiamenti radicali ai nostri sistemi energetici e di trasporto, con il contributo di tutti i settori della società e di tutti i cittadini. Il cambiamento climatico è davvero un problema di tutti, e tutti facciamo parte della soluzione. Se vogliamo vincere questa battaglia, ogni settore della società e ogni cittadino deve dare il suo contributo.
Per fare un esempio, le abitazioni private utilizzano un terzo dell'energia consumata nell'UE (e sono responsabili di circa il 20% delle emissioni di gas ad effetto serra dell'UE). Il 70% di questa energia è destinato al riscaldamento domestico, il 14% alla fornitura di acqua calda e il 12% all'illuminazione e al funzionamento degli apparecchi elettrici.  Le automobili private pesano per un altro 10% sulle emissioni di gas ad effetto serra nell'UE. In più, i consumatori privati acquistano prodotti fabbricati utilizzando energia, viaggiano in aereo, producono rifiuti, mangiano carne, ecc. - tutte attività che indirettamente provocano l'emissione di gas ad effetto serra.


    Ogni cittadino ha il potere di influire su queste emissioni. Il contributo collettivo dei singoli può portare a significative riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra. In un contesto più ampio, la società dovrà ricorrere a una serie di opzioni per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra: favorire lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabili, migliorare il rendimento energetico, individuare modalità più pulite per la produzione di energia da combustibili fossili, nuovi carburanti per i trasporti, tecniche migliori di isolamento termico nell'edilizia e, nel lungo periodo, nuove tecnologie pulite come l’idrogeno, le celle di combustibile (con idrogeno a sua volta prodotto con energia pulita) e il processo di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

    La Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) e il suo Protocollo di Kyoto forniscono il quadro istituzionale globale per la lotta ai cambiamenti climatici e definendo gli obiettivi e i principi chiave per raggiungerli. Uno dei principi chiave della UNFCCC è quello delle "responsabilità comuni ma differenziate", in base al quale i paesi sviluppati devono prendere l'iniziativa della lotta contro il cambiamento climatico e le sue conseguenze. Facendo la differenza fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, la UNFCCC riconosce che i paesi sviluppati e industrializzati sono responsabili di gran parte dell'attuale concentrazione di gas ad effetto serra nell'atmosfera e che dispongono dei mezzi finanziari e tecnologici per ridurre le loro emissioni.

    La UNFCCC obbliga le Parti firmatarie ad istituire programmi nazionali per la riduzione della emissioni di gas ad effetto serra e a presentare rapporti regolari. Le Parti firmatarie si riuniscono ogni anno per verificare i progressi ottenuti e discutere ulteriori misure nel quadro della UNFCC. Numerosi meccanismi di monitoraggio e segnalazione su scala mondiale sono stati adottati per il controllo costante delle emissioni di gas ad effetto serra.

    I governi sapevano che gli sforzi dell' UNFCCC non sarebbero stati sufficienti ad affrontare seriamente la questione del cambiamento climatico. L'11 dicembre 1997 fecero un ulteriore passo avanti adottando, nella città giapponese di Kyoto, un protocollo alla UNFCCC: il Protocollo di Kyoto, appunto. Nel quadro dell'UNFCC, il Protocollo stabilisce limiti vincolanti alle emissioni di gas ad effetto serra per, in origine, 38 paesi industrializzati inclusi tutti gli Stati membri dell'Unione europea salvo Cipro e Malta, e l'UE come organismo unico (conosciuto come l'Europa dei 15, in quanto allora gli Stati membri erano solo 15). Il Protocollo introduce, per la sua implementazione dei meccanismi di mercato innovativi, i cosiddetti meccanismi di flessibilità del Protocollo di Kyoto con l'obiettivo di contenere il più possibile i costi di riduzione delle emissioni.

     Con il Protocollo di Kyoto i paesi industrializzati si impegnano a ridurre, durante il primo periodo di applicazione del Protocollo (2008-2012) il totale delle emissioni di sei gas a effetto serra (CO2, Metano, Ossido di azoto, Idrofluorocarburi, Perfluorocarburi, Esafluoro di zolfo) almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990. È stato scelto un periodo di applicazione di cinque anni, piuttosto che di un solo anno, per rendere ininfluenti variazioni annuali di emissione dovute a fattori non controllabili come il tempo (atmosferico). Non sono definiti limiti alle emissioni dei paesi in via di sviluppo.

    Il 16 febbraio 2005 il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore.  In particolare, l’Unione Europea ha un obiettivo di riduzione dell’8%, nell’ambito del quale l’Italia si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5%. Per la Federazione Russa, la Nuova Zelanda e l’Ucraina non è prevista alcuna riduzione delle emissioni, ma solo una stabilizzazione. Invece, rispetto al 1990, possono aumentare le loro emissioni fino all’1% la Norvegia e fino al 10% l’Islanda. Rispetto a quanto stabilito nel trattato però, molti climatologi ritengono che il pianeta avrebbe bisogno di un taglio ancora più netto delle immissioni inquinanti (circa il doppio).

    Il trattato prevede inoltre dei vincoli sul piano giuridico ed è quindi il primo trattato internazionale che stabilisce sanzioni per le nazioni che non adempieranno gli impegni che hanno assunto. Infatti, per ogni tonnellata di anidride carbonica in eccesso, l’ Ue ha previsto una multa di 40 euro, che nel 2008 potrebbero salire a 100. Un prezzo che, in mancanza di un intervento da parte dello stato, finirebbe per essere pagato direttamente dai consumatori con una serie di rincari su prodotti e bollette. Nel caso in cui l’impegno delle nazioni sia mantenuto, questo porterebbe all’ammodernamento degli impianti e a una maggiore efficienza della produzione a cominciare dal settore energetico (con conseguenti tagli nei costi d’illuminazione, riduzioni nel consumo di energia per i macchinari, ammortamento delle spese di riscaldamento, maggiore efficienza nella catena produttiva).

    Per quanto modeste, le quote di riduzione stabilite dal Protocollo di Kyoto si sono rivelate completamente sopra le possibilità del nostro paese che, dal 1990, non ha fatto che aumentare le emissioni di anidride carbonica, uno dei principali gas serra. Invece della prevista riduzione del 6,5% l’Italia si presenta con un imbarazzante aumento del 12 per cento. Nel frattempo Germania e Francia hanno effettuato una seria politica di efficienza energetica e dei trasporti che ha consentito loro di ridurre le emissioni rispettivamente del 19 e del 14 per cento. Inoltre, che il trattato di Kyoto funziona lo dimostra anche il Canada; lo dimostra il fatto che il governo canadese e le industrie automobilistiche hanno firmato un memorandum d’intesa per ridurre in maniera molto consistente le emissioni inquinanti entro il 2010.

    I governi di 141 Stati hanno firmato per salvare la Terra. L’Unione Europea, la Russia, il Giappone, tutti hanno ratificato il Protocollo. Meno gli Stati Uniti: loro ancora stanno alla finestra. Nei prossimi sette anni, i governi si sono impegnati a completare il più costoso processo di riconversione delle tecnologie industriali mai avviato. In ballo c’è la salute del pianeta soffocato dall’inquinamento atmosferico e surriscaldato dall’effetto serra.